La Storia del Go
“Go” è il nome giapponese di un antico gioco asiatico conosciuto in Cina col nome di Weiqi, che significa “accerchiare la pedina” (significato dei due ideogrammi che compongono la parola), ed in Corea come Baduk. Il gioco del Go sembra essere nato in Cina 4000 anni fa, collegato ad antiche pratiche divinatorie. Si diffonde fra la classe dei letterati funzionari come gioco di strategia e raffinata metafora dell’equilibrio delle forze naturali.
Appartiene ai giochi finiti di strategia con informazione completa per due giocatori, come gli scacchi e la dama, ed è parte integrante della cultura di tutto l’Estremo Oriente.
Vaghe sono le informazioni disponibili sulle origini del gioco del go in quanto, per svariato tempo, le sue regole ed i suoi principi furono tramandati esclusivamente per via orale.
Di certo è possibile affermare che tale sistema di regole, del tutto semplice (riconducibile a principi primordiali, basti pensare alla caccia ed alla cattura di animali selvatici, ad esempio), consente di definirlo tra i più antichi e primordiali sistemi di gioco.
Alcune leggende fanno risalire il gioco al leggendario imperatore cinese Yao (2337–2258 a.C.), che lo fece inventare dal suo consigliere Shun allo scopo di insegnare a suo figlio Danzhu la disciplina, la concentrazione e l’equilibrio. Altre teorie vogliono il go derivato dall’abitudine dei signori della guerra e generali tribali cinesi di usare pezzi in pietra per pianificare gli attacchi; è anche possibile che il materiale del gioco del go fosse inizialmente utilizzato per predire il futuro.
La natura puramente ludica del gioco, probabilmente, può far sottovalutare l’importanza che esso ha rivestito nella società cinese, ma molte personalità politico-religiose del tempo, si occuparono di stabilire se, e come, la pratica del gioco fosse deleteria, o utile, per il popolo.
Per questo motivo il gioco del Go ebbe periodi di intenso sviluppo, in cui alta fu la sua diffusione tra tutte le fasce di popolazione, alternati a periodi di intensa crisi e persecuzione, in cui fu la pratica fu bandita delimitata ad un ristretto numero di persone, solitamente l’élite dello stato, le classi colte: imperatori, generali, filosofi, monaci, alti dignitari, grandi guerrieri.
Basti pensare che in Cina il go era considerato il gioco dell’aristocrazia, mentre lo Xiangqi (gli scacchi cinesi) era il gioco del popolo. Il Go era anche considerato una della quattro arti dello junzi (il gentiluomo cinese), assieme alla calligrafia, alla pittura e a suonare lo guqin. La strategia del gioco del go, come molti altri aspetti della vita politica e sociale, costituiva un esercizio, in altre parole una parte del tutto, volta a migliorare la propria posizione mentale in relazione al mondo esterno.
Confucio (551-479) lo considera giusto un gradino sopra la totale passività, il far niente. Mencio (372-289), invece, nel capitolo undicesimo del Mengzi, definisce il weiqi “una piccola arte”, subalterna alle arti vere e proprie.
Fondamentale è il testo Qijing Shisanpian, scritto da Zhang Ni durante il periodo Huangyou (1049-1054) della dinastia Song (960-1279), durante la quale il gioco viene pienamente accettato, dimenticando le vecchie accuse di amoralità.
Durante la Rivoluzione Culturale di Mao, il weiqi fu nuovamente messo al bando perché promuoveva “idee feudali”. Dal 1966 al 1978 non si pubblicarono riviste dedicate al weiqi, mentre i campionati nazionali non furono indetti dal 1966 al 1974.
Il gioco del go fu successivamente esportato in Corea (dove il nome è Baduk), mentre nell’VIII secolo un ambasciatore giapponese lo introdusse nel suo paese, dove ebbe una larga diffusione.
Per quel che riguarda l’Occidente, la prima menzione è fatta dall’italiano Matteo Ricci (1552-1610), missionario in Cina.
Tuttavia il gioco rimane di fatto sconosciuto sino al XIX secolo, quando l’emigrazione cinese negli Stati Uniti favorisce la diffusione del go in quel paese. Successivamente nascono gruppi di estimatori anche in Europa e particolarmente in Olanda, Germania ed Austria.
Il momento di forte espansione del go in Occidente, avvenuto negli anni ‘60, è legato agli studi di psicologi e informatici in connessione alle teorie del qualitativo (riconoscimento della forma, topologia differenziale, sistemi dinamici e mutamenti di stato, teoria delle percezione, ecc.), problematiche tipiche di quella parte di ricerca chiamata successivamente intelligenza artificiale.
La nascita della “International Go Federation” (IGF) nella primavera del 1982 sancisce di fatto la diffusione internazionale.
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