La Storia degli Scacchi

L’origine del gioco degli scacchi è tutt’ora oggetto di studi e di controversie, ma gli storici concordano che fosse conosciuto in India nel VI secolo d.C. Nell’antico Chaturanga (quattro parti di un tutto) la scacchiera era già 8x8 ma si giocava in quattro, talvolta con i dadi, e non tutti i pezzi muovevano come oggi. Il Re, la Torre e il Cavallo avevano lo stesso movimento ma l’Elefante (in persiano Pil, in arabo Fil e con l’articolo al Fil, in italiano Alfiere) muoveva alla seconda casella in diagonale.
Sotto il regno di Cosroe I (531-578), il gioco passò in Persia assumendo il nome di Chatrang. Fu aggiunto un nuovo pezzo, il Consigliere, (Aparzin, poi Ferz, l’odierna Donna), che prese posto accanto al Re. Il gioco divenne stabilmente a due giocatori.
Gli arabi lo appresero dai persiani nel periodo della loro espansione e lo chiamarono Shatranj (gioco dei re). Pur se con alcune restrizioni – non dovevano interferire con le pratiche religiose e i pezzi dovevano essere di fattura anonima per non incorrere nel reato d’idolatria – nel mondo musulmano gli scacchi ebbero un grande sviluppo. Nacquero i primi professionisti e furono scritti i primi trattati. Molti califfi si appassionarono e stipendiarono i più forti giocatori, e il gioco si diffuse nell’intera società.

Con le invasioni dell’Europa insulare e della Penisola Iberica, gli scacchi approdarono in Occidente tra il IX e il X secolo. Intorno al Mille si erano ormai diffusi in tutta l’Europa. In Italia, le più antiche testimonianze sono i pezzi ritrovati nel 1932 a Venafro, risalenti al 980 d.C.
In Occidente l’antico consigliere fu ridenominato Regina (o Donna). L’influenza araba continuò ciò nonostante a manifestarsi in Europa per tutto il XIII secolo, come dimostrano il Codice Alfonsino del 1283, che riporta numerose posizioni arabe (mansubat).
La lentezza del gioco – che nel mondo arabo, all’inizio della partita, aveva suggerito di far eseguire un certo numero consecutivo di mosse, senza oltrepassare la metà della scacchiera (Ta biyat) – indusse, in Europa, a scommettere sui “partiti”. Nacquero così le grandi raccolte problemistiche come il Civis Bonomiae e il Bonus Socius. Il gioco vero e proprio trovò larga diffusione nelle corti anche come possibilità di incontro tra uomo e donna. Tra le qualità indispensabili al cavaliere medievale vi era quella di saper giocare a scacchi.
Alla fine del XV secolo alcuni pezzi, tra cui la Donna, velocizzarono il loro movimento, il gioco si spostò fuori delle corti e nacquero i primi giocatori professionisti: il Magnolino a Firenze (1380-1460 circa), Paolo Boi il Siracusano (1528-1598), Leonardo da Cutro (1542-1587), Giulio Cesare Polerio (1548-1612) e Gioacchino Greco (1600-1634).
I religiosi furono anch’essi grandi propagatori del gioco, nonostante tra il XII e il XV secolo alcuni concilii ne ostacolarono la diffusione. Marco Girolamo Vida (1485-1566), vescovo di Alba, scrisse un elegante poemetto a soggetto scacchistico, ed i sacerdoti Ruy Lopez de Segura (1530-1580) e Domenico Ponziani (1719-1796), furono autori di importanti testi teorici.

Si è soliti datare l’inizio dell’età moderna a tre avvenimenti: il trattato Analyse du jeu des échecs del 1748, del musicista scacchista André Danican Philidor, la partita tra Labourdonnais e Mac Donnell del 1834, che diede inizio al periodo degli scacchi detto “Romantico”, e il primo torneo internazionale, organizzato da Howard Staunton a Londra nel 1851, vinto dal tedesco Adolf Anderssen.

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