Il Simbolismo degli Scacchi
Tra i giochi di antica origine forse il più meritevole di attenzione è quello degli scacchi; esso possiede, oltre al naturale aspetto di competizione intellettuale, una precisa connotazione simbolica, frequentemente usata come metafora della vicenda umana in tutte le sue manifestazioni: davanti alla scacchiera l’uomo progetta la Guerra, incontra il Fato, il Destino, la Morte.
• La Regina è il più forte dei pezzi, è energia pura, è la virtù. Va dritta e in diagonale, avanti e indietro. Nessun altro le è pari. Esprime tanto amore che talvolta fornisce la vittoria sacrificandosi.
• Il Re rappresenta la chiarezza, la verità sulle false opinioni e sugli impulsi irrazionali. Si muove poco, ma dovunque e soltanto correttamente ed opportunamente. Quando le azioni in corso nella scacchiera sono ancora tumultuose, il Re resta dignitosamente fermo, invisibile al nemico.
• Gli Alfieri vanno in diagonale, ognuno secondo il proprio colore. Portano con dignità e potenza la bandiera del loro Re, sono dediti alla sua protezione.
• I Cavalli sono l’incarnazione della capacità strategica. Saltano impetuosi, ma avanzano solo di un numero determinato di caselle; favoriscono lontane previsioni nelle mosse.
• Le Torri sono cumuli di energia e rappresentano la sicurezza. Dietro o dentro di esse può ripararsi il Re. Le Torri possono essere – usando la simbologia massonica – templi della virtù o profonde prigioni scavate per il vizio.
• I Pedoni sono otto e sono considerati i mattoni della strategia dell’esercito di terra. Raggiungendo il lato opposto della scacchiera possono trasformarsi in qualunque altro pezzo salvo il Re: sono pertanto importanti simboli della possibile metamorfosi del piccolo nel grande.
Il gioco è impregnato di simboli e metafore che da sempre hanno ispirato pittori e letterati. Il dualismo bianco/nero, bene/male, nel periodo gotico fu interpretato anche con vita/morte. Questa idea starà alla base del “Settimo Sigillo” di Ingmar Bergman: la partita del cavaliere Block contro la Morte ha un esito immodificabile ma quello che conta non è l’impossibile vittoria finale ma il gioco in sé, perché finché la partita procede il cavaliere è vivo. La dignità umana non sta dunque nell’aspettare passivamente che gli eventi accadano, ma nell’opporvisi, sia pure in una lotta impari. Il giocatore di scacchi che, con l’abbandono delle forze soprannaturali e di quelle casuali rappresentate dai dadi, si era riappropriato del proprio destino, si ritrova infine a combattere contro un avversario oscuro e invincibile. L’umanità, sembra suggerire Bergman, sta nella lotta, nella capacità di trovare nuove risorse che tengano in scacco gli eventi più a lungo possibile. Anche perché la vera lotta è contro se stessi, noi stessi siamo la nostra morte. In fondo il giocatore è il Re bianco ma anche il Re nero.
Più pessimista appare Borges. Agli occhi dello scrittore argentino l’uomo perde del tutto le qualità rinascimentali e illuministiche di essere artefice del proprio destino. Nella poesia intitolata “Scacchi”, si legge che i pezzi non sono autonomi: sono mossi dal giocatore ma, avverte, anch’egli è soggetto a leggi ineluttabili e meccanicistiche perché «Dio muove il giocatore che muove il pezzo». Ancora più inquietante Borges asserisce che anche Dio ha la sua signoria: «Ma quale dio, dietro Dio, questa trama ordisce di polvere e di tempo, di sogno e di agonia?». In questa serie infinita di scatole cinesi è racchiusa, secondo Borges, la condizione angosciosa della natura umana.
In tempi recenti, la Rivoluzione Russa e l’interessamento del Regime Bolscevico fecero la fortuna degli scacchi tra la prima e la seconda guerra mondiale. La Guerra Fredda consolidò questa fortuna, l’intero mondo divenne una scacchiera su cui le due superpotenze giocavano le loro mosse.
Ma perché proprio gli scacchi sembrano avere così fortuna nei regimi dittatoriali? Le ipotesi sono tra le più suggestive, nelle quali teoria e pratica si intrecciano in modo fecondo ed armonioso: i regimi totalitari vedrebbero negli scacchi un modo di mettere in pratica le loro teorie, sfruttandone il rapporto dialettico più o meno complesso tra due colori, tra bene e male, tra classi, la credenza nell’importanza della pianificazione ed esecuzione delle idee, le decisioni che si traducono nella validità di un ragionamento, l’autocritica in caso di errori.
Perché l’Unione Sovietica doveva far diventare strategico un gioco che riproduce in miniatura una società non comunista, che valorizza la meritocrazia e classifica i giocatori in modo rigidamente gerarchico, premiando i meritevoli e non i più fedeli al partito? Perché dare spazio proprio al gioco che riproduce le virtù occidentali? Perché non il go/wei-qi come nella Cina di Mao che si gioca con pedine di ugual valore? Da punto di vista ideologico gli scacchi, gioco senza alea, aboliscono la fortuna e quindi sono perfettamente ortodossi per il materialismo storico. Nel gioco è insita l’idea che l’uomo, con la sua ragione, possa controllare gli avvenimenti e costruire la Storia (lo svolgimento della partita) e, più subdolamente, da parte del potere, che le persone possano essere manovrate come pezzi della scacchiera.
Gli scacchi sono quindi una metafora della società. Nella forma definitiva che noi stessi conosciamo possono essere interpretati come la cristallizzazione della società europea tradizionale suddivisa in ordini: dopo i Regnanti, in ordine di importanza/vicinanza, abbiamo il Clero (in inglese, l’alfiere è il vescovo, bishop), la Nobiltà (sempre in inglese, il cavallo è in realtà il cavaliere, knight), la Borghesia e infine i Contadini (come sono detto in spagnolo, peon). Come si vede, alle regole della guerra corrispondono ben determinati ruoli sociali che, data la natura del gioco, si presentano come immodificabili. Anzi, la struttura degli eserciti pare suggerire che la guerra si possa vincere solo se il popolo che la combatte rispetta l’ordine, ove questo ordine non è solo umano ma è pensato come “voluto da Dio”.
Azzardando un parallelo con la società odierna, se il Re rappresenta il Potere, illimitato ma fragile, la Regina rappresenterebbe la Politica, le Torri l’Economia, Gli Alfieri i Mass-Media, i Cavalli le Forze Armate, i Pedoni la Borghesia e il Popolo.
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